Ciao a tutti… aspettando
FactorY Libro Secondo, vi riporto la recensione del nostro sull'ultimo numero di
Fumo di China, ad opera di
Nicola Peruzzi (ma sei Luther sul forum di Comicus?) che ringraziamo…
Michele
Fumo di China
febbraio 2009
FactorY, nuovo lavoro di Gianluca Morozzi e Michele Petrucci dopo Il Vangelo del Coyote, è un prodotto decisamente particolare e piuttosto atipico, per quanto riguarda il panorama fumettistico nostrano. La sua pubblicazione è, a tutti gli effetti, un esperimento editoriale: Fernandel è infatti un editore di varia, un mercato non troppo battuto fino a oggi dai fumettisti. La pubblicazione, a detta degli stessi autori, dovrebbe avvenire in tre volumi pubblicati a cadenza quadrimestrale. C'è da dire che la lunga attesa tra un volume e l'altro, principalmente a causa della struttura della serie (come avremo modo di vedere in seguito), fa un po' spavento. D'altro canto, il fatto che - per dirla ancora con i creatori - due volumi su tre siano già pronti rende assolutamente fiduciosi riguardo la puntualità delle uscite.
FactorY, si diceva, è un fumetto atipico: prendendo a prestito il ritmo e la struttura delle serie televisive (pratica oramai consolidata da tempo nel fumetto americano e in parte anche in quello italiano), gioca con il lettore in un continuo rilancio di situazioni gore, mistery e da dark comedy.
Il pitch è tanto semplice quanto efficace: alcune persone che apparentemente non hanno legami tra loro si risvegliano all'interno di una struttura inaccessibile e impervia. È un espediente semplice, utilizzato spessissimo in letteratura (Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, Labirinto di morte di Philip K. Dick, eccetera), nel cinema e nella televisione (Cube di Vincenzo Natali, Saw - L'enigmista di James Wan e, ultimo ma non ultimo, il celeberrimo serial Lost), che permette di esplorare le relazioni interpersonali tra i personaggi e crea possibilità narrative, se ben utilizzato, virtualmente infinite.
La caratteristica saliente di questo primo volume, a livello meramente narrativo, è il ritmo sfrenato. Le 160 pagine scorrono che è un piacere, tra personaggi dalle psicologie quanto meno bizzarre, relitti umani e umanoidi, morti cruente e tanta, tantissima violenza gratuita. Il tutto però viene fatto in maniera molto più sottile e intelligente di quanto possa apparire da una descrizione così sommaria: un plauso va fatto senza alcun dubbio ai due autori (Petrucci e Morozzi hanno lavorato sulla trama a quattro mani), che si trovano perfettamente a proprio agio nel tratteggiare una serie in bilico costante tra l'iperrealistico e il surreale e che cercano di portare agli estremi la struttura narrativa partendo da un'idea, tutto sommato, abbastanza facile.
Un altro plauso va fatto all'arte di Michele Petrucci, minuziosa, disturbante al punto giusto, che ha la sua forza nell'inquadratura: alcune sequenze sono assolutamente eccezionali, per come vengono raccontate visivamente. Molto bella anche l'architettura della fabbrica; sporca e verosimile al punto giusto. La fabbrica vive e "respira" come gli altri personaggi in carne e ossa, tanto che pare essere lei la vera protagonista della vicenda raccontata. Ma si può parlare solo per supposizioni: in questo primo volume ci vengono dati solo degli input, le chiavi di lettura per decodificare e comprendere al meglio la storia verranno in seguito.
Unico cruccio, quindi, la periodicità. Una serie così veloce e frenetica, che punta moltissimo sul rilancio di situazioni sempre più forti e "cattive", deve poter contare anche su tempi di pubblicazione relativamente brevi, pena il calo della suspance. Limitatamente a questo primo volume, quindi, FactorY appare solido e accattivante, e lascia sperare benissimo per le future uscite.
Nicola Peruzzi